mercoledì 14 dicembre 2011

Gudu's Namibian experience - Parte terza

28 agosto 2011

Il terzo giorno è stato forse uno dei giorni più avventurosi della mia vita.

Ci siamo svegliati prima dell'alba, abbiamo fatto colazione e ci siamo fatti preparare un "lunch box" dal lodge e, con la luna che ancora rischiarava il bush, siamo partiti alla volta del Sossusvlei Park. Guidare di notte nel bush è un'esperinza esaltante... mi sentivo un avventuriero.

A partire da Sossusvlei, il deserto del Namib diventa una pura distesa di sabbia rossa, deserto selvaggio.

Un'oretta e mezza di viaggio portò all'ingresso del parco. Durante il viaggio verso le dune, facemmo un sacco di fermate per goderci gli animali (soprattutto springbok e struzzi).

Arrivati all'ingresso del parco, decidemmo di lasciare la macchina nel parcheggio e di farci trasportare fino dalla "Dead Vlei" da una delle tante navette presenti, questo per goderci appieno il posto e non doverci preoccupare di rimanere insabbiati.

Saltammo così su di un fuoristrada-navetta che ci lasciò praticamente in mezzo alle dune.

Io mi presi lo zaino in spalle, la Vigi si prese la borsa della macchina fotografica ed insieme ci avviammo in direzione della Dead Vlei.

La dead Vlei distava circa 2 chilometri dal punto di ritrovo con le navette.

Un vento fortissimo frustava i nostri volti; sabbia, vento e sole sono i regnanti del deserto.

Camminare nel deserto è un'esperienza pazzesca per un occidentale: in pochi secondi non ci si rende conto più di dove si è e di dove si è diretti. Il deserto ha un fascino ancestrale e sembra chiamarti ed ammaliarti. Se non ci fossero state indicazioni e tracce di altri turisti io mi sarei certamente perso.

Dopo una dozzina di minuti arrivammo alla famosissima "Dead Vlei".

Cos'è la Dead Vlei?

E' una distesa piana, simile al letto di un fiume secco, circondata da enormi dune (trattasi di dune di altezza variabile fra i 200 ed i 300 metri). Uno scenario a metà fra l'apocalittico ed il naturalistico estremo... una vista di una bellezza incredibile.

Nella piana, scheletri di alberi pietrificati dal sole e piccoli turbini d'aria aggiungevano un senso spettrale alla scena.


Ci mettemmo a camminare al centro di questo incredibile scenario per qualche minuto e poi scegliemmo una duna e decidemmo di scalarla.

Per i turisti ci sono comodi sentieri per raggiungere le cime delle dune, ma noi decidemmo di scalare la duna prendendola di petto e cosi cominciammo a salire.

La fatica cominciò a farsi sentire dopo neanche 5 minuti... ero estremamente grato al mio mitico cappello da avventuriero regalatomi dalla Vigi anni addietro, ero protetto dal sole, ma nulla poteva proteggermi da quei colossi di sabbia.

Ad ogni passo sprofondavamo nella sabbia rossa e per ogni metro fatto verso l'alto, scivolavamo indietro di almeno 30 centimetri. Ogni cinque minuti dovevamo fermarci togliere la sabbia da dentro alle scarpe. Attorno a noi solo la sabbia a centinaia di piccoli insetti simili a scarabei che uscivano e rientravano nella sabbia. Ero affaticatissimo, ma anche gasatissimo... ero dall'altra parte del mondo, in mezzo al deserto a scalare un duna altissima.

Col passare dei minuti la fatica divenne quasi insopportabile: le gambe erano sempre più pesanti ed il fiato sempre più corto; il vento continuava a frustarci la faccia ed oramai sentivo la sabbia anche in mezzo ai denti. Cominciai a pensare che non ce l'avremmo fatta ad arrivare in cima. Alcuni turisti, saliti in cima alle dune col sentiero, ci guardavano preoccupati.

Mancava davvero poco alla cima, oppure no? Non riuscivo a capirlo. Per quando continuassimo a salire con immensa fatica, la cima sembrava sempre alla stessa distanza. Più camminavo è più mi sembrava improbabile il mio arrivo alla cima, stavo quasi per dichiararmi "sconfitto" quando improvvisamente mi ritrovai la cima a pochi metri di distanza. In un guizzo di orgoglio misto a felicità spiccai alcuni salti e mi ritrovai sulla cima.Arrivato in cima fui colpito da un vento ancora più forte. Stavo per crollare dalla stanchezza. Mi sedetti a cavallo della duna ed attesi Virginia che era stata più astuta di me ed aveva evitato lo sprint finale.

Quando anche lei fu in cima, io avevo cominciato a riprendermi ed insieme potemmo apprezzare l'incredibile spettacolo a nostra disposizione. Davanti ai nostri occhi un distesa infinita di dune e proprio ai piedi della nostra duna (sul lato opposto a quello scalato da noi) un immenso lago nel deserto. Inizialmente pensavo fosse un miraggio, ma poi capii che era vero e più avanti, parlando con una guida, scoprimmo che ogni sette anni si formava questa distesa di acqua... eravamo stati davvero fortunati. Il deserto ha un fascino incredibile. Mi sentivo piccolo come un granello di polvere, ma al contempo accettato dal deserto. Il deserto mi parlava di cose ancestrali, mi parlava attreverso il vento, attraverso gli incredibili chiari-scuri creati dalle dune, attraverso il suo silenzio.Una sensazione di totale distacco dal mondo cosìddetto "occidentale"; una sensazione di benessere incredibile.Siamo rimasti non so quanto su quella duna... davvero non so quanto perchè avevamo perso il senso del tempo... potevamo averci messo un'ora od una vita a scalare quella duna.

Quando guardammo l'ora erano le 11.00 del mattino. L'aria stava diventando rovente così come la sabbia. Era ora di tornare al punto di incontro.Camminammo per un po' in cima alla duna e poi ci lasciammo andare ad una folle corsa giù per la duna.Ritornati alla Dead Vlei camminammo in direzione del punto di ritrovo. Ogni tanto non sapevo più dov'ero, ma fortunatamente camminavamo in controcorrente ad un flusso di turisti e quindi non perdemmo mai la strada.

Arrivati al punti di ritrovo mi sdraiai sotto ad un acacia (o qualcosa di simile).

Ad un certo punto provammo a fare un'altra sessione di trekking, ma il caldo e la stanchezza ci fecero cambiare idea dopo pochi minuti così tornammo al punto di ritrono ed attendemmo l'arrivo della navetta che ci riporto al parcheggio per l'una di pomeriggio circa.

Arrivati al punto di rifornimento tirammo fuori i nostri lunch box.

Nel lunch box c'erano solo robe schifosissime: un orrendo panino che io battezzai "al gusto di merda", una barretta energetica dall'improbabile composizione, un succo di frutta ed un frutto acerbo .Dopo il misero pasto (al quale io aggiunsi una bella dose di intregratori alimentari), ci dirigemmo verso il Sossusvlai Canyon.

Il canyon era molto affascinante (sciami di mosche a parte), le guide cartacee dicevano fosse secondo solo al Gran Canyon, ma noi eravamo troppo stanchi e ne percorremmo solo la prima parte per poi tornare indietro... quindi non ce lo godemmo nella sua completezza, scoprii quanto era immenso solo una volta tornato in Italia gironzolando su internet.

Al ritorno una piccola sosta alla famosissima duna45, che esteticamente dicono sia perfetta, ma francamente non aveva un decimo dell'alttezza e del fascino delle dune nella Dead Vlei.

Alle 16.00 rientrammo al lodge, ci rilassammo un po' in attesa della cena. La vista dalla nostra capanna era spettacolare e passammo il tempo semplicemente seduti di fronte alla porta d'ingresso ad ammirare il bush silenzioso.

Dopo un tramonto ovviamente spettacolane, potemmo goderci nuovamente il cielo notturno namibiano che toglie il fiato tanto è bello.

Dopo un'ottima cena, crollammo letteralmente sul letto e ci addormentammo subito.

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