venerdì 4 maggio 2012

Gudu's Namibian experience - Parte Dodicesima

Ieri abbiamo dato l'acconto per la nostra prossima "Gudu's experience": 10 giorni di campeggio in Tanzania a dicembre 2012, ma di questo parlerò più avanti. Il 7 settembre 2011 partimmo di buon ora dal Divava Okavango Lodge in direzione del Waterberg Plateau per poi raggiungere l'Ohange Safari Lodge. Il viaggio era bello lungo (circa 600 Km per quasi 8 ore di viaggio) e la stanchezza si fece sentire, così evitammo fermate ed arrivammo al lodge intorno alle 15.30. Unica esperienza da segnalare è la seguente: a meno di mezz'ora dalla metà, avvistammo in lontananza una immensa nube di polvere, di quelle che si vedono nei film in cui immensi gruppi di animali si danno alla fuga. Rallentammo per osservare meglio la nube. La nube si avvicinava rapidamente a noi. La nube era sempre più vicina e man mano che si avvicinava era sempre più immensa. Accostammo il fuoristrada in attesa della nube con un misto di ansia ed attesa. La nube si avvicino sempre più rapidamente fino a raggiungerci. Non si vedeva più nulla, un rombo e pioggia di pietruzze sul nostro mezzo. Non era una gruppo di animali, ma un gruppo di autotreni. Vedere cinque enormi tir correre su di una strada sterrata di montagna è quasi spettacolare, un'altra singolarità della Namibia. Arrivammo al lodge dopo aver superato un percorso degno di una pista di test per fuoristrada che mise alla prova le mie capacità di guida. Il lodge era molto carino, nel mezzo della brulla montagna e completamente deserto. C'era la zona comune che era composta da un piccolo caseggiato basso e poi tante piccole capanne inerpicate su per la montagna e collegate da un piccolo ciottolato; su di un lato della montagna una piccola piscina. Ci venne incontro una rubizza signora, accompagnata dal rubizzo figlio ed un rubizzo cane; fu particolarmente cortese ed informale e ci accompagnò alla nostra capanna. La prima parte del pomeriggio la passammo a "docciarci" ed a leggere un po' seduti su di scomode sedie fuori dalla capanna mentre il bimbo rubizzo rumoreggiava in piscina con un'amichetta. Verso le quattro del pomeriggio tentammo un bagno in piscina, ma l'acqua era gelida ed erano presenti degli enormi mosconi che ad ogni morso facevano uscire il sangue... ed erano tanti e erano cattivelli, per cui tornammo in fretta a sederci di fronte alla capanna. Alle Cinque del pomeriggio fummo invitati a mangiare la torta di compleanno del bimbo rubizzo accompagnata da un ottimo the. Tutto molto informale... piacevolmente informale. Poco prima del tramonto sentimmo un grosso trambusto e vedemmo la signora rubizza, il bambino, un uomo sulla cinquantina ed un vecchio correre verso la piscina e, fra risa ed urletti, tuffarsi in acqua senza esitazione. Fu una scena che per me rappresentò "La felicità". Vedere una famiglia rilassarsi e divertirsi insieme nell'acqua prima di cena nel mezzo di una montagna brulla, nell'atmosfera magica della Nabimia per me fu un'ottima rappresentazione della felicità. La sera cenammo all'aperto insieme alla suddetta famiglia. Una cuoca in stile "big mama" cucinò per noi direttamente sul fuoco con enormi padelloni zuppe e carne. Attorno al piccolo gruppo il buio totale; il fuoco rischiarava solamente la zona dove eravamo noi... un'atmosfera di pace totale. Chicchierammo amabilmente (Virgi col suo inglese perfetto ed io col mio maccheronico) con i gestori (la famigliola in questione) e loro ci raccontarono la loro storia che è tanto semplice quanto bella. Erano tedeschi, economicamente agiati, ma stufi della mentalità occidentale del "produci, corri, insegui il dio denaro ed il dio potere". Un bel giorno acquistarono un pezzo di montagna nel Waterberg Plateau, costruirono un lodge e si trasferirono con tutto quello che restava della famiglia (nonno novantenne compreso). Ora viveano felici, in mezzo alla natura, in mezzo alla pace e, dopo tanti anni, ogni giorno era ancora una scoperta e pieno di felicità. Fra tutte le storie namibiane che sentii (la guida innamoratasi della donna Himba, l'Olandese che aveva aperto una panetteria nel deserto, i vari italiani fuggiti dall'occidente per fare le guide turistiche, ecc..), questa fu quella che più mi piacque perchè quella filosoficamente più vicina a me. Per capire quanto fossero felici bisognerebbe averli guardati negli occhi come feci io. La notte fummo svegliati dal rumore di un gruppo di erbivori che venne a nutrirsi nelle piccole aiuole interposte fra le capanne. Restammo immobili alla finestra a guardarli muoversi lenti e brucare in assoluta pace. Fu bellissimo un'emozione da portare vicino alla commozione. La pacificità e placidità con cui questi cauti bestioni pascolavano a 30 centimetri dal mio naso aumento l'aura di pace che regnava nel lodge. La mattina, dopo un'ottima colazione, ripartimmo in direzione di Windhoek. Facemmo una sosta al "Cheeta reserve", una riserva dove vengono accolti i ghepardi orfani e/o feriti. Il tour comprendeva un giro a bordo di fuoristrada accompagnati dalla guida all'interno della riserva (recintata con recinti elettrificati per tenere lontani i ghepardi sani). Vedemmo da vicinissimo molti ghepardi. Ovviamente fu diverso dal vederli dal vivo, ma dovemmo accontentarci in quanto la mia dissenteria ci aveva impedito di vederli allo stato brado al parco Etosha e negli altri parchi non avevamo avvistato alcun felino. La mia impressione sui ghepardi fu "Sono degli sfiga". Etichettati spesso come grandi cacciatori, sono invece predatori molto delicati e soggetti alle angherie di un sacco di animali concorrenti... vederli poi fare le fusa e leccare i volontari del centro, li rese ai miei occhi ancora meno maestosi. Dopo un breve pranzo alla riserva ed una lunga sessione di "acquisto souvenirs", ci rimettemmo in marcia ed alle cinque del pomeriggio circa eravamo di nuovo al Windhoek Country Club, lo stesso punto da cui era partita la nostra avventura quindici giorni prima. Non avendo potuto vedere la città all'arrivo, decidemmo di uscire a cena ed andare alla famosa "Joe beer's house" un locale notissimo a tutti i viaggiatori per la tipicità della struttura e per cibarie proposte... in pratica non sei un vero avventuriero alla scoperta della Namibia se non hai cenato almeno una volta da Joe. Dopo una doccia ed un sonnellino uscimmo dall'Hotel. Uscendo dalla porta notai che c'erano due persone in toga romana ai fianchi delle porte; pensai che facessero parte dello staff del casinò interno all'Hotel... come nei film holliwoodiani girati a Las Vegas. Appena misi fuori il primo piede dalla porta principale fui accecato da flash e luci ed assordato da urla di ragazzine. Quella sera c'era un matrimonio di vip namibiani. In pratica tutti i vip della Namibia erano presenti all'evento. Sembrò anche a me di essere un vip, un vip che entrà alla notte degli oscar in America... fu divertente. Tutti si chiesero probabilmente chi fossimo e penso che tutti pensarono che fossimo vip stranieri, anche perchè senza accorgecene avevamo aggirato tutti i blocchi di sicurezza e quindi nessuno ci fece allontanare dal "red carpet". Dopo questo divertente episiodio, raggiungemmo il famoso locale. Famoso (si fa per dire) l'episodio in cui un tizio ci indicò dove parcheggiare in una piazza ed io, abituato ai parcheggiatori abusivi torinesi, gli offrii dei soldi ricevendo come risposta che lui non voleva soldi, ma solo essere gentile. Il locale era pazzesco. Posso solo descriverlo come "un misto di tutto" ed infatti c'era di tutto e tutto messo a casaccio: arredi tipici dei pub irlandesi, ma anche suppellettili ed ombrelli in stile villaggio turistico, oggettistica tipica dei club coloniali dei nobili inglesi, pezzi di auto ed altri componenti meccanici... c'era di tutto. Il cibo fu ottimo come anche la birra. Quando tornammo all'hotel, il matrimonio era finito e la calma era tornata. Ce ne andammo a letto un po' mesti poichè il giorno seguente ci attendeva il volo di ritorno. Il giorno successivo, notammo una riga sul fuoristrada... o meglio... Virgi l'avev asegnalata già la sera, ma io non avevo dato peso alla cosa. Per non pagare penali ed usufruire dei servizi di assicurazione, ci toccava andare alla stazione di polizia e denunciare la cosa. Con l'ansia di perdere il volo, scoprimmo che le nostre sim non ci permettevano di chiamare come ci avevano garantito (meno male che non ci fu mai il bisogno di chiedere aiuto), così acquistammo una sim locale al negozio dell'hotel e chiamammo il referente della nostra agenzia. Accompagnati da una guida dell'agenzia ci recammo alla stazione di polizia dove firmammo un sacco di moduli e poi partimmo in direzione dell'aereoporto. Arrivammo in tempo, anzi in anticipo. Sfruttammo gli ultimi fogli di moneta locale per comprare souvenirs e poi attendemmo il nostro volo. Allo scalo di Johannesburg trovammo l'aereoporto in fermento: suonatori di musica africana riempivano l'aria di musica, i negozi esibivano souvenirs colorati (fra cui la mitica libreria-canoa che non acquistammo solo perchè ancora non vivevamo insieme) e la gente era allegra e sorridente. Dopo qualche ora di attesa decollammo dal Sud Africa in direzione di Francoforte. Un altro volo passato a guardare film (questa volta Thor e Mr Beaver), dormire male e mangiare peggio. Una sedicina di ore dopo eravamo di nuovo in Italia, all'aereoporto di Torino. Qualche ora dopo ancora, ero a casa mia a Brossasco a svuotare la mia sacca da viaggio (comprata per l'occasione) ed a raccontare le nostre peripezie alla nostra famiglia. Era un sabato... due giorni dopo sarebbe ri-iniziato il tram-tram quotidiano, ma quel viaggio mi avrebbe cambiato per sempre. Penso di poter dire che il viaggio in Namibia sia stata una delle esperienza più belle e significative della mia vita. Dopo quel viaggio ero cambiato, la mia visione delle cose era cambiata, la mia visione del mondo era cambiata e proprio durante quel viaggio io e la Vigi decidemmo di andare a vivere insieme dopo sette anni di relazione. Prima di partire pensavo di non amare l'Africa e di essere profondamente occidentale... dopo questa avventura nacque in me un profondo amore per l'Africa e per il viaggio in generale. Prima di partire ero in un certo senso cieco... sentivo che c'erano delle cose, ma non riuscivo ad afferrarle... durante quel viaggio ero riuscito ad afferrarne molte e grazie a quell'esperienza acquisii la capacità di afferrarne altre col tempo. P.S.: su youtube, sul canale di "gudu77" (http://www.youtube.com/gudu77) ci sono dei brevi video della nostra avventura.

3 commenti:

Serena ha detto...

Il tuo post mi riempie di mal d'Africa... non sono mai stata in Namibia, ma ho visitato Kenya e Tanzania e me ne sono innamorata. Per rispondere alla tua domanda sullo Stella Orobica, è un formaggio valtellinese, prodotto dall'omonimo caseificio, non so se si trovi in Piemonte, credo tu lo possa acquistare on line, tramite il loro sito...

Sarah ha detto...

Niente, che se ci sei già stato a leggerti ti viene una gran voglia di tornarci. E se mai c'hai messo piede ti si fissa il pallino d'Africa in testa. Non abbiamo scampo :)

Baol ha detto...

Mi è rimasta molto impressa l'immagine della nube. Bel racconto, si vede che hai vissuto quel viaggio.