giovedì 2 maggio 2013

The enlarged gudu's Tanzanian experience - Parte 5

In questa quinta parte dell'Enlarged Gudu's Tanzanian Experience cercherò di descrivere i giorni passati al "Ruaha National Park"; uso la parola "provo" ben sapendo che è impossibile descrivere davvero le sensazioni e le emozioni che si provano in questi luoghi... per capire davvero bisogna provare.

Durante i tre giorni passati in questo parco il programma è stato pressochè sempre lo stesso:
1) Colazione
2) Safari fotografico
3) Pranzo
4) Safari fotografico
5) Cena
6) Dopocena
7) Riposo notturno

Può sembrare un programma monotono se non fosse che ogni giorno è diverso in Africa pur restando tutto uguale.
Ogni cielo mattutino è nuovo come ogni cielo stellato, ogni panorama è nuovo, ogni animale è diverso dal precedente, ogni paesaggio lascia senza fiato.

Al mattino ci si svegliava rilassati e riposati... non c'erano orari precisi da seguire, non sentivamo lo "stress dell'orologio", non eravamo schiavi di Chronos... eppure i cicli della natura ci portavano ad essere molto regolari nei nostri orari... la regolarità senza lo stress.
Al mattino ci si svegliara rilassati e riposati... dall'esterno della tenda si sentivano migliaia di uccelli cantare e la luce filtrava nella tenda.
Al mattino ci si svegliara rilassati e riposati... amavo aprire la zip della tenda ed essere innondato di sole, profumi, rumori... innondato di vita d'Africa.
Al mattino ci si svegliara rilassati e riposati... uscivo all'esterno e lasciavo che il sole mi scaldasse il viso tenendo gli occhi chiusi ed assaporando ogni cosa percepibile dei miei sensi.
Dopo esserci lavati e vestiti, ci si trovava davanti alla tenda di Mello e poi si andava alla tenda comune per fare colazione.
La colazione era per me all'italiana e per tutti gli altri del gruppo continentale.
Dopo colazione si partiva per il safari fotografico.
In questo parco abbiamo visto molto animali difficili da avvistare perchè rari o notturni come ad esempio il gatto selvatico e l'otocione, ma l'incontro più sensazionale fu con un leopardo che aveva appena finito di cacciare.
 
Era il secondo giorno e Bilali ricevette via radio l'annuncio di un avvistamento di leopardo.
Il lento incedere del fuoristrada si trasformo in una corsa sfrenata (per quando possibile un una zona foreste ed altipiani) verso il luogo dell'avvistamento.
Arrivati sul posto, dopo pochissimo minuti, individuammo il leopardo che si muoveva nel sottobosco.
Quando il leopardo si fermò sotto ad un cespuglio, spegnemmo il fuoristrada e rimanemmo in attesa.

Noi non ne eravamo coscienti, ma ci eravamo fermati proprio sopra la su preda: un cucciolo di facocero appena ucciso e probabilmente abbandonato sul posto al nostro arrivo.
Rimanemmo immobili per non so quanti minuti, poi il felino comincio a muoversi verso di noi.
Macchine fotografiche, videocamere e binocolo erano puntati sulla bestia che continuava ad avvicinarsi.
Passo di fianco alla macchina letteralmente appoggiandosi alla portiera del guidatore.
Noi chiudemmo i finestrini rapidamente, ma non potevamo chiudere rapidamente il tettino e così ci limitammo e rientrare nell'abitacolo sperando in bene.
Il leopardo si muoveva molto lentamente.
In un momento di coraggio, decisi di uscire dal tettino per riprendere il suo incedere.
Mi sporsi con tutto il corpo al di fuori della sagoma del fuoristrada ritrovandomi a non più di un metro e mezzo dalla faccia del leopardo.
L'animale vendomi si fermò per qualche istante, probabilmente per calcolare se era il caso di attaccare. Io rimasi immobile con la videocamera puntata sui suoi occhi selvaggi.
Improvvisamente, con un movimento fulmineo, il leopardo afferrò la preda sotto al fuoristrada e si distanzio di un paio di metri da noi prima di girarsi indietro e controllare eventuali nostre reazioni.
Dopo aver verificato la nostra inoffensività, si nascose rapido nel sottobosto.

Fu un'emozione grandissima: eccitazione mista a paura mista ad ammirazione.
Innanzitutto il lepardo è uno degli animali più affascinanti che avessi mai visto. Quegli occhi selvaggi, attenti come quelli di pistoleri dei film western, profondi come il profondo.
Ogni fattezza del corpo e del muso sembravano creati per dare l'impressione di un combattente pericoloso e selvaggio.
Trovarsi a pochi centimetri da uno dei pochi animali che uccidono per sfizio e non solo per necessità (siamo in pochi: anaconda, leopardo, uomo e pochi altri) senza protezioni e senza filtri... è stata un'emozione grande... e mi sono anche discretamente cagato addosso dalla paura.
La scena del cacciatore stanco con la propria preda è una delle più emozionanti fra quelle osservabili in Tanzania,  in questo coso è stata rovinata dal fatto che noi avevamo disturbato con la nostra presenza la naturale essenza del momento, ma è stata lo stesso emozionantissima.
Rimanemmo ancora molto tempo fermi a scrutare i cespugli... fino a che il lepardo decise di andarsene seminandoci rapidamente.
Oltre a questi animali più difficili da vedere, collezionammo in quei giorni un numero incredibile di avvistamenti.
Interi gruppi di elefanti, bufali, zebre, giraffe ed altri erbivori.
Affreschi spettacolari creati da bellissimi esemplari immersi in paesaggi incredibili.
 




Un'altra scena che mi colpì molto fu assistere alla reazione degli animali all'arrivo in zona di un predatore.
Bilali fu avvisato di un avvistamento di ghepardo vicino a dove eravamo. Arrivammo sul posto in pochi minuti.
Eravamo passati di li non più di 5 minuti prima e l'amosfera era competamente cambiata.
L'aria era carica di tensione: le scimmie dai rami degli alberi urlavano come pazze, gli erbivori erano spariti dalla zona ed si potevan vedere in lontananza immobili con lo sguardo fisso verso il punto da cui provenivano le urla scimmiesce.
Qualche minuto d'attesa ed è apparso un ghepardo femmina.
Mi sono chiesto come riuscivano a cacciare i predatori se era presente ovunque un "sistema anti-predatore" funzionale come quello che stavo vedendo.
Non ho avuto risposta alla mia domanda perchè il ghepardo, disturbato dalla nostra presenza, si limitò a passare davanti al nostro fuoristrada ed a sparire nella sterpaglia.
Bellissime immagini scolpite nel mio cuore sono quelle dominate dagli enormi ed omnipresenti baobab... alberi che sembrano emanare un'aura di pacata saggezza... come se fossero i messaggeri delle leggi universali della natura. Molto avrei da scrivere sui baobab... forse un giorno gli dedicherò un'apposito post.

Al contrario che al parco del Selous, siamo sempre tornati al campo per il pranzo. Dopo molti giorni passati sempre sul fuoristrada con pranzo al sacco, abbiamo sentito il bisogno di pranzare seduti tranquilli ad un tavolo con annesso riposo post-prandiale.
A pranzo non tutti i viaggiatori erano presenti, mentre per la cena c'erano tutti.
Alle 19.00, sotto scorta dei guerrieri masai, raggiungevamo lo spiazzo del falo e ci si sedeva intorno al fuoco per gustare l'ormai classico gin-tonic.
L'aperitivo serale era sempre una cosa speciale. Ci si sedeva stanchi attorno al fuoco, unica fonte di luce nel mezzo della natura, si gustava il gin-tonic e si chiacchierava sotto voce.
Sullo sfondo delle conversazioni i rumori, i colori ed i profumi dell'Africa. Si arrivava a cena stanchi per la giornata e contemporaneamente eccitati dalle cose viste.
Si stava bene, davvero bene... ed in armonia... senza bisogno di fare nulla... semplicemente gustando un gin-tonic, fissando il fuoco e chiacchierando un po'... il buoio ad avvolgerci come una coperta ed i suoni notturni a cullarci.
Quelli erano i momenti in cui massimamente riflettevo sulla mia teoria di vita: "Siamo troppi"... facciamo guerre, cose atroci, inquiniamo, siamo infelici perchè non ci realizziamo... perchè?
Semplicemente perchè siamo troppi... non c'è più spazio, non ci sono più risorse per tutti... siamo costretti a lottare per ogni cosa: per il cibo, per un metro quadro si spazio in più... siamo troppi.
Li, nel mezzo del nulla, 20 persone nel raggio di 400 Km... mi sentivo così sereno e rilassato... senza la presenza costante di esseri umani ovunque... con spazi immensi a disposizione.
Diventava piacevole il ritrovarsi con altre persone attorno al falò.
Nel giro di un'ora al massimo ci si spostava tutti sotto al tendone per la cena.
L'atmosfera si faceva più fracassona... per modo di dire... nulla di nemmeno lontanamente paragonabile al normale chiasso di una media cena in famiglia all'italiana... semplicemente il tono di voce si alzava un po' ed i toni di voce erano più vivaci.
L'aperitivo era più contemplativo, mentre la cena diventava il momento in cui ci si scambiavano informazioni sulle cose viste, i viaggi fatti, i luoghi di provenienza.
In particolare io parlai il più possibile con il gestore del lodge in quanto uno dei miei sogni più grandi è aprire un lodge in Namibia ed ho fatto parecchie domande per capire da dove iniziare e capire anche com'è davvero vivere tutto l'anno in un lodge.
Dopo cena la maggiorparte delle persone tornava alle tende e gli altri tornavano intorno ai falò.
L'ultima sera di permanenza a cena ci lamenteammo di non essere riusciti a vedere le iene (che tutte le notti visitavano il campo, ma non erano mai passate nei pressi nelle nostre tre tende); sentendo il nostro discorso, il proprietario ci propose un piccolo giro notturno per cercare di vederle.
La proposta giunse sottovoce poichè era dedicata solo al nostro gruppo.
Fu così che in silenzio aspettammo vicino al falò che tutti fossero andati a dormire e poi seguimmo in silenzio il gestore.
Ci inoltrammo in piena notte, protetti solo da due guerrieri masai, fra gli alberi.
Solo una piccola torcia ci faceva da guida.
Si camminava lentamente e cercando di fare meno rumore possibile.
Il buoi incombeva su di noi, i rumori erano più forti e più vicini.
Ero molto eccitato, mi sentivo un vero esploratore... era come entrare in un film di avventura in stile anni '80 tipo "Indiana Jhones" od "Alla circerca della pietra verde".
Fu un giro davvero emozionante, anche se delle iene nemmeno l'ombra.
Visitarono il campo a notte fonda... alcuni sentirono i loro richiami... io manco quello.
I giorni passarono rapidi, felici e sereni al Ruaha.
Un'esperienza indimenticabile che mi ha reso, anche questa volta, più ricco.
Ci tengo a tessere, ancora una volta, le lodi alla gestione del "Mdonya Old River Camp": gentilezza, organizzazione, disponibilità... sensazione di essere costantemente i ben venuti.
Massimo rispetto per la natura nella gestione del campo e capacità di fare apprezzare il rigore di un campo tendato anche ai più schizzinosi.

I giorni erano passati rapidi ed era venuto il momento di tornare a Dal Es Salaam.

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